TORNA A SICILIA MILLENNIUM
CHI SONO?
UN PESCE NEL MARE DELLA STORIA

In quel 3 ottobre 1944, la luna, più che mai curiosa, cercava di farsi largo tra le stelle per vedere quello che accadeva in una strada di Catania, annerita dalla lava dell’Etna. Quella sera il tradizionale grido del venditore di gelsi neri non finì con il confondersi con il canto delle cicale, ma con il mio primo vagito. Bello! arrivare nel bel mezzo di una città: «Beh, ragazzi! Sono arrivato io…dai rimbocchiamoci le mani e, soprattutto, cerchiamo di ridere, bando al mortorio! La vita continua!». Almeno immagino che sia andata così. Non poteva andare diversamente, visto che ero arrivato in un luogo dove tutto è frizzante, dall’aria quando tira tramontana, al carattere dei cittadini, all’acqua sessa, tradizionale bevanda nei “chioschi”, anzi chiamiamoli ciospi alla catanese. La cicogna, desiderosa di fermarsi dove l’allegria era di casa, aveva deciso di fare amicizia con i miei genitori, che abitavano nella casa natale di un grande attore comico del passato: Angelo Musco, quello dell’Eredità dello zio canonico e di L’aria del continente, tanto per ricordare qualcuna della sue interpretazioni. Quant’era strana via Garibaldi, con tutta quella gente affaccendata, sempre divertita. Le facce si incupivano giusto il tempo del passaggio di un funerale, preceduto da una macchina coperta da un velo nero, fatto ricorrente perché era la strada obbligata per il cimitero. Eppure, un po’ per caso ed un po’ per scaramanzia, è sempre stata una delle strade più allegre ed acculturate della città. In quelle case di pietra lavica nera aveva vissuto Domenico Tempio, poeta vissuto tra il’700 e l’’800, illuminista ed illuminato, che avrebbe meritato di essere ricordato non solo per gli arguti versi “a luce rossa”, ma anche per lo spirito realistico delle composizioni. Qualche centinaio di metri più in giù, di fronte al monastero di Santa Chiara, c’era la finestra dello studio di Giovanni Verga. Ma perché tornare indietro nel tempo? Anche Leo Gullotta è nato in questa zona. C’erano, insomma, tutte le condizioni perché il mio giocattolo preferito diventasse la penna. I miei primi scritti risalgono agli anni ’50. Fu pubblicato sul “Corriere dei piccoli”, testata molto importante non solo per i fumetti, Capitan Cocoricò, la Tordella, sua moglie, Bibì e Bibò, i suoi figli ma anche il patetico soldato Marmittone ed il signor Bonaventura,”ricco ormai da far paura!” ma anche per le pagine interne, piene di notizie e curiosità. C’era una pagina, con un titoletto molto eloquente: “La palestra dei lettori”. Veniva curata personalmente dal grande Giovanni Mosca, direttore del periodico ma soprattutto fine scrittore e profondo conoscitore dell’universo infantile. Ne ricordo qualcuna:Sai che differenza c’è tra Umberto di Savoia e Umberto il pasticciere dirimpettaio?”, “Uhmmm!?!?!?!”, “Semplice…uno è Umberto di Savoia…l’altro Umberto dei savoiardi”. Piacevano al direttore che le pubblicava. C’era anche un compenso: mille lire. Da quella volta, inconsapevolmente, presi una strada ora pianeggiante ora irta e sassosa, all’insegna dell’amore per la scrittura, che mi portava verso il giornalismo e la letteratura. Ho debuttato sulla carta stampata collaborando alla “Gazzetta di Reggio Emilia” ci restai poco, giusto il tempo di imparare a scrivere le notizie di poche righe; il che non è poco per chi vuol diventare un bravo cronista. Sono, poi, passato al “Resto del Carlino”, redazione di Reggio Emilia. Sgobbavo, studiando in treno, nella sala di aspetto della stazione, in redazione, tra un articolo e l’altro, quando facevo il turno di notte, se non c’erano fatti di cronaca. Fioccavano i “30” sul libretto universitario e le mie firme sulle pagine del giornale. Poi la laurea, la vincita di un concorso ad Ufficiale “a nomina diretta”, in Marina Militare, affrontato quasi per caso, al quale seguì una relativamente breve ma intensa stagione all’insegna del mare. Dopo l’esperienza, finita male a causa di un incidente, dei galloni, anzi dei “giri di bitta”, come vengono chiamati i gradi, sono tornato al giornalismo. Ho dovuto ricominciare da capo: un po’ di Espresso, un po’ di Panorama, collaborazioni a “Repubblica” ed all’agenzia di stampa “Ansa”. Sono finito al “Messaggero” nel 1975, dapprima collaboratore e poi assunto. Mi sono occupato di mare fino al 1987. I momenti più belli? In inverno, quando la spiaggia vuota è un grande anfiteatro dove il vento da prova della sua grande arte: quella di disegnare ermetici ghirigori sulla sabbia e accarezzare i cespugli della macchia mediterranea, come corde di un magico violino. Il loro magico canto aveva il sottofondo eterno della risacca che si infrangeva sulla battigia. Mi hanno poi chiamato a Roma, addio cielo azzurro e mare incantato, al loro posto c’erano le luci della redazione. La voglia di trovare una valvola di sfogo è diventata troppo forte. L’ho trovata nella letteratura. E’ nato un volumetto, “Ostia antica, magia e misteri”, che tanto mi ha fatto felice perché l’ho visto in mano a molti ragazzi. Ricordo, poi, il primo incontro con un’affascinante ed intelligente editrice, Lolita Guakil, titolare di Logart press. Mi chiese di scrivere un testo sulle carte da gioco. Misi le mani avanti: «Non so giocare!». E lei, piantandomi addosso gli occhioni luminosi che sanno leggere nell’anima: «Devi ricostruire e raccontarne la storia, nessuno ancora lo ha fatto». Ne venne fuori un bel libro, pieno di contenuti e ricco di immagini di antichi tarocchi: dai primitivi naibbe al Tarocchino Bolognese ed alle Minchiate Fiorentine che evocavano i “trionfi” del nascente Rinascimento. Grazie alle carte da gioco, ho avuto anche la felice esperienza di scrivere, per conto dell’editore Fabbri, una serie di dispense settimanali, foriere di grandi successi. Dalle “passeggiate di mezzodì”, quelle dell’intervallo del lavoro in redazione, è nato il mio “Roma porta d’Oriente”, reportage scritto al presente di un viaggio nella città antica, alla ricerca di fatti, misfatti, episodi e personaggi curiosi ma dimenticati. E’ nato anche “I Baccanali, scandalo erotico religioso nella Roma antica”, una storia di feste e delitti sotto l’Aventino. La richiesta di una casa editrice molto conosciuta, la Newton & Compton di Roma, mi ha permesso di affinare il tiro, proponendomi di scrivere un altro libro insolito, “Roma esoterica”, rivisitazione della città per scoprirne gli aspetti più segreti. Grazie ai lettori, è stato un successo di lettori e di critica. Il richiamo della Sicilia, profumata di gelsomini e zagara, si è intanto fatto sempre più forte. Tanto è bastato perchè, grazie alla Newton & Compton, le ho già dedicato tre libri. Il primo “Miti, riti, magia e misteri della Sicilia”, pubblicato nell’anno 2001, è un viaggio tra antichi miracoli, danze propiziatorie e fiabe per scoprire la modernità degli antichissimi riti. Nel 2002, sulla scia del successo, è stato pubblicato “Sicilia antica”. I protagonisti non sono gli dei ma gli uomini: Empedocle non solo filosofo ma primo instauratore della democrazia, Caronda, il primo che varò il principio dell’obbligatorietà della scuola, Archimede, progettista del primo transatlantico della storia. La carrellata di personaggi ed eventi serve a dimostrare la funzione di ponte culturale della Sicilia tra l’Oriente, anticamente evoluto, ed il Vecchio Continente. “Sicilia Normanna”, è stata pubblicata nel 2003 dalla Newton & Newton. Adesso sto lavorando intorno ai Templari, altri tempi, nuovi personaggi...